Come essere (più) felici praticando la resilienza

Quanti tentativi servono per accendere una lampadina? Nel 1879 ce ne sono voluti poco meno di cinquemila.

Thomas Edison non è solo l’inventore della lampadina ma anche un grade esempio di resilienza: al tempo non fu facile trovare il materiale giusto con cui creare il filamento interno al bulbo, la maggior parte dei test portavano il materiale a bruciarsi e si rivelarono un fallimento dietro l’altro. Alla umana obiezione che molti facevano ad Edison se non fosse il caso di smettere quell’incessante ricerca lui rispondeva: “Io non ho fallito. Ho solo scoperto 2.500 materiali che non funzionano”. Dovette testarne circa il doppio prima di trovare nel tungsteno la soluzione ideale per la sua invenzione e la rivoluzione per tutti noi.

Edison è stato un grande inventore anche grazie alla sua ostinazione nel perseguire il proprio obiettivo e all’impiego della sua grande resilienza per sollevarsi dai fallimenti.

Resilienza, una parola duttile, capace di essere utilizzata in diversi contesti con uno stesso senso di fondo: per gli ingegneri è la capacità di un materiale di resistere agli urti senza spezzarsi; per gli psicologi è la risorsa che consente di superare traumi e dolori più rapidamente; in ecologia descrive la predisposizione di un sistema a ritrovare l’equilibrio dopo uno shock esterno; ultimamente anche in economia si comincia a parlare di resilienza con riferimento alle crisi finanziarie.

In un mondo dove la volatilità è una costante e l’equilibrio somiglia sempre più ad una conquista quotidiana più che ad uno stato permanente, la resilienza sembra essere la chiave per comprendere come mai alcuni sistemi crollano ed altri hanno la forza di rialzarsi e crescere meglio di prima. “Se è vero che non siamo in grado di controllare le maree del cambiamento, possiamo però imparare a costruire imbarcazioni migliori; a progettare o ridisegnare organizzazioni, istituzioni e sistemi capaci di assorbire meglio gli sconvolgimenti, di operare sotto una più ampia varietà di condizioni e di passare con maggiore fluidità da una situazione all’altra”[1].

Per utilizzare una definizione la resilienza è intesa come la capacità di un sistema, di un’impresa o di una persona di conservare la propria integrità e il proprio scopo fondamentale di fronte a una drastica modificazione delle circostanze.

Per comprendere tale definizione, soffermiamoci su una metafora molto comune nelle ricerche sulla resilienza.

Proviamo a raffigurare un vasto paesaggio di colline e vallate immaginarie che si estendono in ogni direzione.

Un po’ come in una fantasia di Borges, ogni valle di questo panorama presenta una variazione significativa rispetto alla nostra attuale situazione, una realtà alternativa con caratteristiche uniche, opportunità, risorse e pericoli propri.

Ogni collina può invece essere vista come la soglia critica o il confine che separa il mondo reale da quello alternativo: una volta superata la sua cresta, ci ritroveremo inesorabilmente a rotolare, nel bene o nel male, nella valle esistenziale adiacente. In alcune di queste nuove circostanze, la nostra vita potrebbe essere piuttosto facile; in altre, potremmo trovarci di fronte a sfide più impegnative; in altre ancora, poi, la realtà potrebbe rivelarsi tanto problematica da precludere quasi l’adattamento.

Come accade nella vita concreta, gravi e improvvisi sconvolgimenti potrebbero «far saltare» al di là della soglia che separa l’attuale situazione da un nuovo contesto.

Migliorare la propria resilienza significa rafforzare la capacità di resistere alle spinte che potrebbero allontanarci dalla nostra valle preferita, espandendo al contempo il ventaglio delle alternative che saremmo in grado di affrontare qualora costretti. È quello che i ricercatori chiamano «preservare l’abilità adattiva» ovvero la capacità di adattarsi a nuove circostanze mantenendo il proprio scopo fondamentale. In un’epoca come la nostra, caratterizzata dalla volatilità e da sconvolgimenti imprevedibili, si tratta di un talento chiave.

________________

[1] Passi di: Andrew Zolli. “Resilienza: La scienza di adattarsi ai cambiamenti (Italian Edition)”.

Come rafforzare la nostra resilienza?

Come si è visto, la resilienza trova spazio in diversi campi del sapere, ma per quanto riguarda l’uomo e la psicologia la sede della resilienza si trova nella mente: è rafforzando le risorse mentali che è possibile migliorare la propria vita concretamente. Sulla nostra mente, anche se spesso non sembra, è possibile avere il controllo che non possiamo ovviamente applicare sugli altri o sugli eventi del mondo: non sempre possiamo contare sul mondo o sulle persone, a volte nemmeno sul nostro corpo, ma è sempre possibile contare sui duraturi punti di forza programmati nel nostro sistema nervoso.

La neuroplasticità positiva è alla base della determinazione, la bontà e l’autostima, qualità che rendono l’uomo resiliente, in grado di affrontare le avversità nel perseguimento dei propri obiettivi. Rafforzare la mente è un esercizio che avviene in due fasi: la prima è l’esperienza di ciò che si vuole coltivare –l’autostima, la comprensione, la calma- la seconda fase è la conversione dell’esperienza transitoria in un cambiamento definitivo.

Come individuare le qualità alle quali dedicare più attenzione per migliorare sé stessi e la propria vita?

Secondo Rick Hanson, autore di “La forza della resilienza: i 12 segreti per esssere felici, appagati e calmi”, ogni essere umano ha tre bisogni fondamentali: sicurezza, gratificazione e socialità. Questi bisogni sono soddisfabili tramite quattro sistemi essenziali: la comprensione della realtà, l’acquisizione di risorse, la regolazione di pensieri, emozioni e comportamenti, e l’instaurazione di rapporti efficaci con gli altri e con il mondo esterno. Incrociando bisogni e sistemi si ricavano 12 punti di forza interiori da alimentare e rafforzare nella nostra mente per perseguire la resilienza[1]:

____________

[1]  Rick Hanson. “La forza della resilienza: i 12 segreti per essere felici, appagati e calmi”.

Compassione, Mindfulness, Apprendimento, Grinta, Gratitudine, Sicurezza, Calma, Motivazione, Intimità, Coraggio, Aspirazioni, Generosità…queste sono, secondo Hanson, i punti di forza da cui partire per raggiungere un alto livello di resilienza.

Ogni persona è ad un punto diverso del proprio percorso ed è in grado di individuare le qualità in cui è carente, allenarle e farle diventare un abito mentale duraturo a supporto della propria resilienza.

Concludendo

La strada nell’esercizio di queste qualità non sarà facile e priva di fallimenti, anzi “failure is required” – il fallimento è necessario – afferma Raphael Rose, psicologo clinico che ha lavorato per la NASA durante il TedxManhattan. Rick Hanson prosegue: “Essere resilienti significa guardare in faccia la difficoltà, non evitarle […] e ad ogni fallimento bisogna essere accondiscendenti con sé stessi, avere compassione di sé”. Perdonarsi e avere compassione per sé stessi è un aspetto fondamentale per sostenersi durante il proprio percorso verso il potenziamento delle proprie risorse interiori. Per concludere, sempre Hanson afferma: “come la compassione e il coraggio, sentirete crescere dentro di voi un benessere resiliente. È una ricchezza che potete donare agli altri, affinché a loro volta abbiano di più da dare a voi, in una magnifica spirale ascendente.”

                                                                                                                                                                                                                                                                    Federica Nocerino

I nostri suggerimenti: guarda questi TEDTalk che parlano del tema Resilienza